Una crisi aperta che continua a essere volutamente sottovalutata
Prima dell’ottobre 2017, la provincia settentrionale mozambicana di Cabo Delgado vantava la terza baia più grande del mondo che si trova nella capitale Pemba, che pullula di delfini, una vasta gamma di specie di pesci, coralli duri e molli. La sua lunga costa è caratterizzata da spiagge di sabbia bianca e da una moltitudine di isole che sono una destinazione perfetta per i turisti.
La scoperta di importanti riserve di gas nel bacino del Rovuma, al largo della costa di Cabo Delgado, di gas naturale liquido (GNL) – stimato come il quarto più grande del mondo – ha suscitato prospettive importanti per la popolazione. Tuttavia, i posti di lavoro promessi non si sono ancora materializzati ed un grande problema di redistribuzione della ricchezza permane tutt’oggi.
Nel frattempo, l’insurrezione ha interrotto diverse attività economica di sostentamento per la popolazione locale, oltre ai grandi progetti su GNL.
Gli investimenti GNL situati nella penisola di Afungi sono forse i contributi più significativi all’economia formale della regione, per un totale di 20 miliardi di dollari di investimenti in infrastrutture. Nel maggio 2021, la compagnia energetica francese Total ha dichiarato la forza maggiore sui suoi obblighi contrattuali per la lavorazione del GNL e ha sospeso le sue operazioni a causa della crescente insicurezza.
Questa drastica decisione è stata anche un significativo punto di pressione per il governo del Mozambico, e ha catalizzato un maggiore intervento militare nella regione. Poco dopo l’annuncio di TOTAL, il presidente Nyusi ha incontrato bilateralmente il presidente francese Macron a margine dell’Africa Financing Summit di maggio.
In ritardo, il governo ha cominciato a cercare il sostegno di altri paesi nella sua lotta contro l’insurrezione. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea, attraverso l’ex potenza coloniale Portogallo, sono intervenuti per aiutare ad addestrare i soldati mozambicani. Nel giugno 2021, la Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Meridionale (SADC) ha sancito il dispiegamento di una forza regionale per aiutare a reprimere l’insurrezione e ripristinare la stabilità nella regione colpita dal conflitto. Al momento il dispiegamento della SADC era ancora in corso.
Ancor prima pero, le truppe ruandesi, che si trovano in Mozambico dal 9 luglio, sono guidate dal maggiore generale Innocent Kabandana. Innocent Kabandana è già stato negli Stati Uniti d’America (USA), in Canada, nella Repubblica Democratica del Congo e in Burundi. Dal 2020, ha comandato l’Accademia Militare del Ruanda.
Nel 2017 i primi attacchi furono qualificati come azioni criminali un po’ meglio organizzate rispetto agli sporadici furti o azioni violente che ogni tanto accadevano nell’estremo nord.
Con l’aumentare degli attacchi tra cui il primo davvero clamoroso a Mocimboa da Praia nell’ottobre 2017 accesero l’attenzione a livello internazionale sulla situazione a Cabo Delgado.
Secondo diverse analisi, l’insurrezione ha origini locali: i suoi membri sono principalmente cittadini mozambicani provenienti da Cabo Delgado – anche se ci sono segnalazioni aneddotiche di cittadini stranieri dalla vicina Tanzania. Gli autori sono per lo più civili. Ci sono prove anche sul reclutamento di bambini attraverso rapimenti durante gli attacchi. Gli insorti hanno anche rapito donne e giovani ragazze, che sono poi costrette a vivere con loro come mogli o concubine. La maggior parte dei crimini perpetrati dagli insorti sono raccapriccianti, comprese le decapitazioni.
Interi villaggi sono diventati città fantasma. Mocímboa da Praia, è stata fino a poco tempo fa disabitata per quasi due anni da quando gli attacchi degli insorti nel 2019 hanno cacciato la popolazione locale. Le forze governative sono state in grado di riprendere la città solo all’inizio di agosto 2021 con l’aiuto delle forze ruandesi. La maggior parte delle persone che sono fuggite da Mocímboa da Praia e dalle città che sono state invase dagli insorti hanno cercato rifugio a Pemba, Montepuez, Mueda e altre città, con solo i vestiti sulle spalle e quel poco che riescono a portare nel loro viaggio in barca, veicolo e a piedi.
Mentre le violenze perpetrate dall’Al Shabaab mozambicana superano quelle di altri attori in quantità e gravità, è importante far luce anche sugli abusi perpetrati da altri attori. Un rapporto di Amnesty International pubblicato nel marzo 2021 ha articolato la brutalità sperimentata dai civili per mano di compagnie militari private come la Dyck Advisory Group (DAG) e le forze governative mozambicane.
Questa ondata di insurrezione ha provocato un esodo di civili dalle regioni colpite dal conflitto. Ci sono ora circa 800.000 sfollati interni (IDP) e questo ha messo alla prova l’abilità e la capacità del governo di fornire assistenza umanitaria ai civili che fuggono dalle aree sotto attacco. L’insurrezione ha anche spinto la gente a lasciare Cabo Delgado nelle province vicine. Le province di Niassa, Nampula e Zambezia sono particolarmente colpite; ovviamente, il supporto delle Nazioni Unite e delle ONG non manca, anche se, a livello di disponibilità di fondi, altre crisi più note e anche le necessità di risposta al covid-19 nei Paesi ‘’donatori’’, porta ancora oggi ad una grande mancanza di fondi.
La guerra a Cabo Delgado è ormai al quarto anno. La sofferenza umana è stata incalcolabile e la comunità internazionale è stata ripetutamente scioccata da rapporti di estrema brutalità.
La condizione dei civili coinvolti nella violenza a Cabo Delgado è l’obiettivo e l’interesse centrale di questo rapporto. Dall’inizio degli attacchi nella città distretto di Mocímboa da Praia il 5 ottobre 2017, circa 2800 persone sono morte e quasi 800 000 sono state sfollate dalle loro case, città e villaggi.
Nonostante le operazioni militari siano ad oggi in corso, sembra che l’obiettivo principale sia, innanzitutto, riportare la TOTAL a riaprire il progetto per lo sfruttamento del NL, piuttosto che proteggere i civili da ulteriori attacchi.
Nel 2021, anche con l’attenuazione degli effetti del covid-19 sulle agende politiche degli stati occidentali oltre che sulle casse statali, si spera che la comunità internazionale faccia fronte comune su una risoluzione pacifica del conflitto e su una maggior richiesto al Mozambico rispetto ad investimenti per la popolazione locale e maggior rispetto dei diritti fondamentali.
Marco Tamburro