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La didattita nell’era dell’intelligenza artificiale : Problematiche e impatti

Fonte: Conferenza sull’intelligenza artificiale Bruxelles 28-29 gennaio 2024

1. Le iniziative parlamentari in corso

Innanzi alla Commissione VII (Cultura, scienza e istruzione) della Camera dei deputati è in corso di svolgimento una indagine conoscitiva sull’impatto della digitalizzazione e dell’innovazione tecnologica sui settori di competenza dell’organo.

Come evidenziato all’atto di deliberare l’avvio dell’iniziativa, lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie digitali e di internet, che hanno conosciuto un impetuoso sviluppo a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, con il nuovo millennio sono venute ad assumere dimensioni quantitative e qualitative tali da investire ogni ambito della vita umana, ridefinendo modelli e paradigmi in campo sociale, economico, culturale e politico (c.d. digital disruption). L’impatto trasformativo della digitalizzazione è stato tale da spingere gli studiosi di diversi ambiti disciplinari a indicare come “era digitale” l’epoca presente, ascrivendo a tali sviluppi una valenza paragonabile a quella dei progressi e delle innovazioni che segnarono la rivoluzione industriale. Lo scenario appena delineato – all’evidenza – rientra sotto molteplici profili nei settori di competenza o, comunque, d’interesse della VII Commissione: ciò sia per gli specifici e distinti temi di cui essa si occupa (cultura, istruzione, università, ricerca di base, sport, editoria); sia, in una logica più complessiva, per l’attenzione da essa tradizionalmente prestata alla dimensione antropologica e umanistica dei fenomeni, la quale, nel caso della digitalizzazione, è assai rilevante, se non addirittura prevalente, attesa la sua capacità d’imprimere mutamenti profondi negli schemi culturali e relazionali degli individui e delle collettività. L’indagine conoscitiva ha due obiettivi, fra loro sinergici. Il primo è quello di aprire una sede di confronto istituzionale con i soggetti pubblici e privati, le realtà nazionali e internazionali, gli operatori di settore, gli accademici e gli esperti per guidare un processo condiviso di emersione, perimetrazione e definizione dei temi, dei problemi e degli interessi in campo. Il secondo è quello di procurare alla Commissione dati, materiali istruttori e contenuti indispensabili per valutare, promuovere e adottare le conseguenti iniziative politiche e legislative, che, in un clima di aperto e costruttivo confronto fra tutte le Istituzioni, possano massimizzare per il nostro Paese i benefici della digitalizzazione, preservandone al contempo le peculiarità legate ai valori e al patrimonio che rendono l’Italia unica sul piano mondiale.

Nell’ambito dell’indagine, ad oggi il tema dell’intelligenza artificiale, sotto diverse angolazioni – fra le altre, editoria e servizio pubblico radiotelevisivo, giornalismo, educazione, cultura, proprietà intellettuale – è stato toccato principalmente, in ordine cronologico, nelle audizioni di Roberto Sergio (amministratore delegato della RAI), di Giampaolo Rossi (direttore generale della RAI), di Carlo Bartoli (presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti), di Edoardo Montefusco (presidente di Radio Dimensione Suono SpA), di Massimo Pellegrino (partner responsabile dei processi di innovazione digitale di Intellera Consulting), di Francesco Angelo Siddi (presidente di Confindustria Radio Televisioni), di Salvatore Giordano (legale del gruppo SIMAR), di Mirko Tavosanis (professore associato di linguistica italiana e presidente dei corsi di studio in informatica umanistica dell’Università di Pisa), di Federico Ferrazza (direttore di Wired Italia), di Enzo Mazza (presidente e amministratore delegato della Federazione industria musicale italiana), di Stefano Da Empoli (presidente dell’Istituto per la competitività – I-COM), di Paolo Marzano (professore di Diritto della proprietà intellettuale e di Tutela della proprietà intellettuale presso la Facoltà di Giurisprudenza della Luiss Guido Carli di Roma), di Alessandro Giuli (presidente della Fondazione MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo), di Padre Paolo Benanti (professore di teologia morale presso la Pontificia Università Gregoriana) e di Roberto Sommella (direttore di Milano Finanza).

L’indagine conoscitiva è tuttora in corso di svolgimento e non è dunque ancora stato approvato un documento conclusivo.

Si ricorda poi che presso la VII Commissione è stato avviato il dibattito connesso alla risoluzione 7-00185 presentata da Alessandro Amorese (FdI) che impegna il Governo, anche alla luce del quadro normativo europeo in corso di definizione, ad assumere iniziative per garantire il rispetto del diritto d’autore, la tutela dei dati personali, la trasparenza e la tracciabilità dei contenuti generati mediante intelligenza artificiale.

Infine, risulta depositata la proposta di legge A.C. 1514 (Ascani e altri, PD), recante “Disposizioni per assicurare la trasparenza nella pubblicazione e diffusione di contenuti prodotti mediante sistemi di intelligenza artificiale”. Il testo, di cui non è stato ancora avviato l’esame, consta di 3 articoli. Per quanto qui interessa, l’art. 2 prevede che tutti i contenuti prodotti mediante sistemi di IA devono essere chiaramente identificati come tali e resi riconoscibili agli utenti attraverso l’apposizione di etichette e di filigrana. I soggetti responsabili della pubblicazione e della

diffusione dei contenuti prodotti mediante sistemi di IA, in ogni mezzo trasmissivo, devono fornire, all’inizio e alla fine del contenuto, un’etichetta e un avviso visibili e facilmente comprensibili agli utenti che indichino che il contenuto è stato creato, in tutto o in parte, da un sistema di intelligenza artificiale. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con proprio regolamento, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, stabilisce le modalità attraverso le quali i soggetti responsabili della pubblicazione e della diffusione dei contenuti prodotti mediante sistemi di IA, in ogni mezzo trasmissivo, devono rendere riconoscibile agli utenti che il contenuto è stato creato, in tutto o in parte, da un sistema di intelligenza artificiale.

2. Approcci regolatori e politiche pubbliche in materia di AI nei settori dell’istruzione, dell’università e della ricerca di base

Il settore dell’educazione (intesa in senso ampio) risulta fra quelli oggetto di maggiore considerazione negli strumenti internazionali ed europei in materia d’intelligenza artificiale.

Si consideri, al riguardo, che il report “Governing AI for Humanity” dell’AI Advisory Board dell’ONU menziona più volte l’educazione fra i settori più toccati dalle potenzialità e al contempo dai rischi della nuova tecnologia, evidenziando fra l’altro «besides misuse, we also note countervailing worries about missed uses — failing to take advantage of and share the benefits of AI technologies out of an excess of caution. Leveraging AI to improve access to education might raise concerns about young people’s data privacy and teacher agency. However, in a world where hundreds of millions of students do not have access to quality education resources, there may be downsides of not using technology to bridge the gap. Agreeing on and addressing such trade-offs will benefit from international governance mechanisms that enable us to share information, pool resources, and adopt common strategies» (par. 38).

L’UNESCO ha attivato il progetto “The Artificial Intelligence and the Futures of Learning” nell’ambito del quale sono state adottate diverse iniziative e relazioni: qui la pagina dedicata.

Sulla esigenza della formazione per governare gli sviluppi dell’AI si concentra il rapporto OCSE “Employment Outlook 2023 – Artificial Intelligence and the Labour Market”. Dedicato alla ricerca scientifica, e a come incrementarne la produttività tramite la nuova tecnologia, è l’altro

rapporto OCSE dal titolo “Artificial Intelligence in Science: Challenges, Opportunities and the Future of Science”.

Anche il Consiglio d’Europa da alcuni anni è al lavoro sull’intelligenza artificiale – per una sintesi complessiva cfr. il rapporto The Council of Europe & Artificial Intelligence – e il suo Steering Committee for Education ha prodotto sinora due documenti di rilievo:

  • Report on Artificial Intelligence and Education – A critical view through the lens of human rights, democracy and the rule of law (2022);
  • Recommendation on developing and promoting digital citizenship education (2019). Un report apposito che si segnala è stato poi recentemente predisposto negli Stati Uniti dallo U.S. Department of Education con il titolo “Artificial Intelligence and the Future of Teaching and Learning. Insights and Recommendations”. Anche all’interno del regolamento europeo sull’AI l’educazione riceve specifica attenzione. Anzitutto, l’educazione è espressamente menzionata fra gli ambiti al cui sviluppo l’intelligenza artificiale è chiamata a concorrere (Considerando 3). Trattandosi di un diritto fondamentale, sono poi considerati ad altro rischio i sistemi AI di classificazione che si applichino all’educazione. Nel testo del Regolamento (Considerando 35) si evidenzia infatti come l’impiego di sistemi di AI nel settore sia importante per promuovere un’istruzione e una formazione digitale di alta qualità e per consentire a tutti i discenti e agli insegnanti di acquisire e condividere le abilità e le competenze digitali necessarie, compresa l’alfabetizzazione mediatica e il pensiero critico, per partecipare attivamente all’economia, alla società e ai processi democratici. Tuttavia – prosegue il Regolamento – i sistemi di AI utilizzati nell’istruzione o nella formazione professionale, in particolare per determinare l’accesso o l’ammissione, per assegnare le persone a istituti o programmi di istruzione e formazione professionale a tutti i livelli, per valutare i risultati dell’apprendimento o per valutare le persone, per valutare il livello di istruzione appropriato per un individuo e influenzare materialmente il livello di istruzione e formazione che gli individui riceveranno o a cui potranno accedere o per monitorare e rilevare il comportamento vietato degli studenti durante i test su esami come parte o come precondizione per la loro istruzione, sono da considerarsi sistemi di IA ad alto rischio (e dunque, da

assoggettarsi all’apposita disciplina per essi prevista), poiché possono determinare il corso educativo e professionale della vita di una persona e quindi influenzare la sua capacità di assicurarsi il sostentamento. Se progettati e utilizzati in modo improprio, tali sistemi possono essere particolarmente intrusivi e possono violare il diritto all’istruzione e alla formazione, nonché il diritto a non essere discriminati e a perpetuare modelli storici di discriminazione, ad esempio nei confronti delle donne, di determinate fasce d’età, delle persone con disabilità o di determinate origini razziali o etniche.

Con riguardo alla ricerca di base, il testo enuncia fra le sue finalità quelle di sostenere l’innovazione, rispettare la libertà della scienza e non pregiudicare l’attività di ricerca e sviluppo, e pertanto esclude dal proprio campo di applicazione i sistemi e i modelli di IA specificamente sviluppati e messi in servizio al solo scopo di ricerca e sviluppo scientifici. Inoltre, il Regolamento afferma che la sua vigenza non debba pregiudicare l’attività di ricerca e sviluppo scientifico su sistemi o modelli di IA prima dell’immissione sul mercato o della messa in servizio (Considerando 12 c). Proprio per l’ambito della ricerca il testo riconosce la possibilità di attivare lo strumento della regulatory sandbox.

A livello di politiche pubbliche nazionali, l’intelligenza artificiale negli ambiti in questione trova considerazione all’interno del Programma strategico Intelligenza artificiale 2022-2024 del 24 novembre 2021, a cura del Ministero dell’Università e della Ricerca, del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione Digitale. Il Programma ricorda, anzitutto, che nel 2020 il mercato privato dell’Intelligenza Artificiale in Italia ha raggiunto un valore di 300 milioni di euro, con un aumento del 15% rispetto al 2019 ma pari a circa solamente il 3% del mercato europeo, nettamente inferiore rispetto al peso italiano sul PIL europeo (ca. 12%). All’interno del mercato italiano, un controvalore di 230 milioni di euro (77%) è fornito ad aziende italiane, mentre i restanti 70 milioni di euro (23%) sono esportati verso aziende estere. Rispetto a questi dati, si evidenzia comunque come, per un verso, la comunità scientifica italiana sia molto attiva nel settore dell’intelligenza artificiale; per altro verso, che accanto alle università e ai centri di ricerca, l’Italia dispone di un’ampia rete di centri di trasferimento tecnologico. Nel Programma si sostiene che il Paese debba investire nel sistema di formazione sull’intelligenza artificiale e nello sviluppo delle relative competenze per i cittadini. Ciò innanzitutto per essere all’avanguardia nella ricerca sull’IA, ampliando e migliorando i

programmi di dottorato e attraendo o trattenendo i migliori ricercatori. Inoltre, l’Italia deve garantire che l’intero tessuto economico sfrutti le opportunità di produttività insite nella diffusione dell’IA, rafforzando più in generale la componente STEM in tutto il sistema dell’istruzione, così da favorire lo sviluppo di una forza lavoro in grado di interagire con l’IA e sfruttarne i benefici.

Con riferimento specifico agli ambiti qui in esame, nel documento si propongono le seguenti misure:

  • rafforzare il programma Nazionale di Dottorato: aumentare il numero di dottorati di ricerca;
  • attrarre e trattenere i ricercatori: attrarre giovani ricercatori beneficiari di borse di ricerca internazionali di alto profilo come l’ERC;
  • Promuovere corsi e carriere in materie STEM: integrare attività, metodologie e contenuti finalizzati allo sviluppo delle materie STEM nei curricula di tutti i cicli scolastici;
  • Espandere l’IA negli ITS (“Istituti Tecnici Superiori”): espandere i corsi di programmazione e includere corsi e stage di IA applicata in tutti i curricula ITS;
  • Rafforzare l’ecosistema italiano della ricerca sull’IA: creare un’architettura di ricerca su base hub & spoke con competenze territoriali;
  • Lanciare la piattaforma italiana di dati e software per la ricerca sull’IA: creare una connessione strutturale di piattaforme nuove ed esistenti, dati e infrastrutture informatiche dedicate all’IA, con librerie open- source;
  • Creare cattedre italiane di ricerca sull’IA: allocare fondi specifici per un unico Principal Investigator (PI), già iscritto ad università o centri di ricerca nazionali, per favorire la collaborazione con industrie ed enti pubblici;
  • Creare iniziative IA-PRIN per ricerca fondamentale: promuovere bandi dedicati alla ricerca fondamentale sull’IA e sull’IA affidabile;
  • Promuovere campioni nazionali IA multidisciplinari: lanciare sfide su temi specifici con concorrenti valutati sulla base di risultati misurabili;
  • Lanciare bandi di ricerca-innovazione IA per collaborazioni pubblico- private: promuovere progetti su settori prioritari ma con proposte di libera iniziativa volte a trasferire competenze dalla ricerca alle industrie;
  • Finanziare ricerca e applicazioni dell’IA creativa: finanziare progetti che integrano la ricerca accademica nel campo di frontiera dell’IA creativa assieme alle sue applicazioni industriali;
  • Promuovere progetti bilaterali per incentivare il rientro in Italia di professionisti: lanciare bandi per progetti incentrati su temi specifici definiti da priorità italiane cofinanziati da un altro Paese con rientro in Italia di almeno un ricercatore.

  • A livello di sviluppi operativi e di iniziative istituzionali, si segnala fra l’altro che secondo le Linee guida per le discipline STEM adottate dal MIM con D.M. 184 del 15 settembre 2023 «nell’ambito del coding, del pensiero computazionale e dell’informatica può trovare spazio anche un corretto e consapevole utilizzo dell’intelligenza artificiale (IA) che, in ambito scolastico, può fornire varie opportunità formative, quali la personalizzazione dell’apprendimento e l’ampliamento dell’accesso all’istruzione, soprattutto in contesti in cui le risorse sono limitate. Le risorse digitali, gli strumenti e gli approcci didattici basati sull’IA possono migliorare l’efficacia dell’insegnamento e dell’apprendimento consentendo agli studenti di accedere a contenuti educativi di qualità. L’uso dell’IA in ambito scolastico può favorire negli studenti lo sviluppo di competenze tecniche rilevanti per il mercato del lavoro digitale, preparandoli per le sfide future e le opportunità di carriera legate alla tecnologia. È importante, comunque, affrontare anche i rischi associati all’uso dell’IA che potrebbe portare a una dipendenza eccessiva dalla tecnologia, rischiando di trascurare altre competenze e abilità fondamentali per gli studenti, quali la creatività, il pensiero critico e la risoluzione dei problemi in modo autonomo. Inoltre l’IA potrebbe richiedere la raccolta e l’elaborazione di grandi quantità di dati personali degli studenti, con ricadute sulla sicurezza delle informazioni sensibili. È necessario, pertanto, adottare misure rigorose per proteggere i dati degli studenti e garantire la conformità alle norme sul trattamento dei dati personali». Sempre il MIM, anche nell’ambito della misura «Scuola di Alta Formazione e formazione obbligatoria per dirigenti scolastici, docenti e personale tecnico-amministrativo» contenuta nel PNRR (M4C1-Riforma

2.2) ha attivato una serie di corsi di formazione per i docenti in materia d’intelligenza artificiale. Cfr. qui il portale dedicato.

Con il D.M. 203 del 20 ottobre 2023 recante «Disposizioni concernenti le aree tecnologiche, le figure professionali nazionali di riferimento degli ITS Academy e gli standard minimi delle competenze tecnologiche e tecnico- professionali», fra l’altro, è stata espressamente prevista la figura del Tecnico superiore per la digitalizzazione dei processi con soluzioni Artificial Intelligence based. Diversi ITS hanno poi attivato corsi in materia.

3. Approcci regolatori e politiche pubbliche in materia di AI nei settori della cultura

Il tema della cultura viene in rilievo nel report “Governing AI for Humanity” dell’AI Advisory Board dell’ONU soprattutto sotto il profilo della necessità di salvaguardare le diversità e il pluralismo culturale nella regolazione dell’AI.

Lo Steering Committee for Culture, Heritage and Landscape del Consiglio d’Europa in argomento ha adottato:

  • Recommendation on the role of culture, cultural heritage and landscape in helping to address global challenges (2022);
  • E-relevance: The Role of Arts and culture in the Age of Artificial Intelligence (2022);
  • Recommendation on culture’s contribution to strengthening the internet as an emancipatory force (2018);
  • Recommendation on Big Data for culture, literacy and democracy (2017);
  • Recommendation on the Internet of citizens (2016);
  • Brochure on Platform Exchanges on Culture and Digitisation. Nel settore dei beni culturali le digital humanities o “informatica umanistica” stanno diventando sempre più uno strumento efficace per la gestione, tutela, salvaguardia e conservazione del patrimonio. Questo campo di studi integra le tecniche informatiche con le discipline umanistiche al fine di rendere più efficaci ed efficienti le ricerche, migliorare il processo di digitalizzazione, semplificarne le estrazioni semantiche e supportare le pubbliche amministrazioni, gli enti gestori e i professionisti del settore.

Nell’AI Act europeo, la cultura è espressamente menzionata fra gli ambiti al cui sviluppo l’intelligenza artificiale è chiamata a concorrere (Considerando 3); la diversità culturale è un fattore che dovrebbe essere preservato nella progettazione e nell’uso dell’AI.

A livello nazionale, nell’ambito delle politiche per la digitalizzazione dei beni culturali, se per un verso si richiamano le potenzialità dell’AI, per altro verso si evidenzia come «digitalizzare beni non metadatati e/o descritti è fortemente sconsigliato. Questa eventualità potrebbe essere ammissibile [ad esempio nel caso di] campagne sperimentali orientate a una descrizione del bene eseguita online da una comunità di riferimento adeguatamente identificata (possibili progetti di crowdsourcing) o alla descrizione del soggetto con l’uso di algoritmi di intelligenza artificiale» (cfr. Linee guida per la digitalizzazione del patrimonio culturale). Sempre nell’ambito del processo di digitalizzazione dei beni culturali è stato adottato il Piano di gestione dei dati (Data Management Plan, abbreviato DMP) il quale avverte che «qualora i dati fossero stati elaborati tramite metodi di intelligenza artificiale (es. apprendimento automatico di conoscenza da testi o immagini), occorre considerare i limiti degli attuali sistemi di machine learning e valutare attentamente i possibili bias che ne derivano».

Sebbene principalmente concepito quale forma di contrasto alla c.d. cancel culture, un rilievo assume anche l’art. 28 della legge n. 206 del 2023 («Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del made in Italy»), rubricato «Linee guida per la salvaguardia dell’autenticità storica delle opere musicali, audiovisive e librarie», ai sensi del quale «il Ministero della cultura adotta linee guida per assicurare che le opere musicali, audiovisive e librarie possedute dalle discoteche, cineteche e biblioteche pubbliche, ancorché oggetto di elaborazioni successive, siano conservate e rese fruibili anche nella loro versione originale, al fine di evitare che operazioni creative di riadattamento delle medesime opere con nuovi linguaggi comunicativi e divulgativi sostituiscano l’originale e ne facciano perdere la memoria». Il tema della “novità” dell’opera riadattata con nuovi linguaggi divulgativi e comunicativi rispetto all’originale è adombrato, con specifico riferimento al digitale, anche nel Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale 2022–2023 là dove si evoca il superamento della «funzione ancillare del bene digitale come replica o copia dell’originale fisico e afferma la legittimità di un percorso di conoscenza autonomo, peculiare e connotato da originalità. Originalità che non discende dall’oggetto ma dalla relazione intellettuale da cui il bene digitale prende

orma e da cui attinge nuovi significati trasmissibili e non solo “pensabili”. Il patrimonio culturale digitale è costituito da oggetti, la cui natura può essere definita sulla base delle relazioni informative che sono in grado di generare. Essi, anche quando collegati ai beni culturali fisici, possiedono un’autonomia ontologica, come ormai attestato da un’ampia letteratura». L’esistenza di tale quid novi fra opera originale e sue rielaborazioni sembra alla base della disposizione in commento e potrebbe assumere rilievo anche in caso di rielaborazioni operate dall’AI.

4. Approcci regolatori e politiche pubbliche in materia di editoria e diritto d’autore

Con riferimento all’editoria e all’informazione, nell’ambito del Consiglio d’Europa lo Steering Committee on Media and Information Society ha adottato fra gli altri strumenti di rilievo, tutti relativi anche all’impatto dell’AI:

  • Recommendation on the impacts of digital technologies on freedom of expression (2022);
  • Recommendation on combating hate speech (2022);
  • Recommendation on promoting a favourable environment for quality journalism in the digital age (2022);
  • Recommendation on principles for media and communication governance (2022);
  • Recommendation on electoral communication and media coverage of election campaigns (2022);
  • Recommendation on the human rights impacts of algorithmic systems (2020);
  • Guidance note on content moderation (2021);
  • Guidance note on the prioritisation of public interest content online (2021). Nell’AI Act europeo, per quanto qui interessa si evidenzia come sia opportuno un obbligo di “disclosure”, cioè identificazione, in relazione al testo generato o manipolato dall’IA nella misura in cui viene pubblicato allo scopo di informare il pubblico su questioni di interesse pubblico, a meno che il contenuto generato dall’AI non sia stato sottoposto a un processo di revisione umana o di controllo editoriale e una persona fisica o giuridica sia

responsabile editoriale della pubblicazione del contenuto (Considerando 70b).

A livello nazionale, anche al fine di valutare l’impatto dell’AI sul settore, è stato istituito il Comitato per l’intelligenza artificiale istituito presso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il Presidente del Comitato, Padre Paolo Benanti, è intervenuto in audizione il giorno 18 gennaio innanzi alla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi per illustrare i principali filoni di studio e azione negli ambiti dell’editoria, dell’informazione, del giornalismo e della proprietà intellettuale.

Si rappresenta poi che l’art. 1, commi da 315 a 317 e 322 della L. 213/2023 (legge di bilancio 2024), interviene in materia di Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, contestualmente ridenominato Fondo unico per il pluralismo e l’innovazione digitale dell’informazione e dell’editoria, da un lato novellando direttamente la fonte istitutiva, cioè l’art. 1 della L. 198/2016; dall’altro lato, con una previsione autonoma, autorizzando il Governo ad adottare un regolamento di delegificazione ex art. 17, comma 2, della L. 400/1988, al fine di ridefinire e integrare i criteri per l’erogazione, a valere sul predetto Fondo, dei contributi a sostegno del settore dell’editoria e dell’informazione, individuati dal D.LGS. 70/2017. Fra tali criteri assumono qui rilievo le misure premianti per l’assunzione di giornalisti e di professionisti in possesso di qualifica professionale nel campo della digitalizzazione editoriale, comunicazione e sicurezza informatica finalizzata anche al contrasto del fenomeno delle fake news, con una età anagrafica non superiore ai trentacinque anni. Per approfondimenti, cfr. l’apposito dossier predisposto dal Servizio studi.

Autonoma considerazione merita poi il tema del diritto d’autore e del copyright, la cui protezione si è dimostrata esposta a rischi specifici nell’ambito dei procedimenti di addestramento e generazione da parte dell’AI. Esso è espressamente considerato nel report “Governing AI for Humanity” dell’AI Advisory Board dell’ONU, in relazione ai rischi specifici che la nuova tecnologia può ingenerare rispetto al lavoro, all’espressione artistica, alla protezione della proprietà intellettuale.

L’AI Act europeo assoggetta al rispetto della normativa unionale in materia tutti i sistemi di AI commercializzati nel mercato europeo e, fra l’altro, impone ai fornitori di servizi di offrire adeguate informazioni dei

materiali utilizzati per l’addestramento dell’intelligenza artificiale, anche al fine di consentire la tutela del diritto d’autore e del copyright ai soggetti interessati (Considerando 60j e 60 k).

A dimostrazione del rilievo dell’argomento milita la circostanza che attorno ad esso sia scaturita una mole già cospicua di dibattito e di contenzioso, che ha riguardato fondamentalmente, in via di estrema sintesi, due profili:

  • nel proprio addestramento, i sistemi d’intelligenza artificiale attingono a una grande massa di dati e contenuti presenti in rete (c.d. webscraping), in alcuni casi protetti da copyright o altri diritti che ne limitano l’accesso o l’utilizzo senza autorizzazione. Al riguardo, fra le vicende dotate di maggior risalto vi è il giudizio promosso dal New York Times contro Open A.I., non ancora definito, con cui il primo contesta alla seconda di avere copiato illegalmente milioni di articoli del quotidiano per addestrare ChatGPT ed altri servizi con lo scopo di fornire articoli ed informazioni con una tecnologia che ora compete con il Times;
  • la configurabilità di un diritto di proprietà intellettuale in caso di opera creata dall’AI. Il problema si è già posto in numerose occasioni. Lo United States Copyright Office ha adottato nel 2023 apposite linee guida (Copyright Registration Guidance: Works Containing Material Generated by Artificial Intelligence) al fine di valutare se un’opera realizzata mediante strumenti d’intelligenza artificiale generativa possa o meno essere coperta da diritto d’autore. In questa prospettiva, secondo un giudizio caso per caso, l’ufficio valuta «whether the ‘work’ is basically one of human authorship, with the computer [or other device] merely being an assisting instrument, or whether the traditional elements of authorship in the work (literary, artistic, or musical expression or elements of selection, arrangement, etc.) were actually conceived and executed not by man but by a machine». Con la conseguenza che «if all of a work’s “traditional elements of authorship” were produced by a machine, the work lacks human authorship, and the Office will not register it […] If, however, a work containing AI-generated material also contains sufficient human authorship to support a claim to copyright, then the Office will register the human’s contributions […] In such cases, the applicant must disclose AI-generated content that is “more than de minimis». In senso analogo, anche diverse sentenze hanno negato la possibilità di

cordare il diritto d’autore là dove, in relazione a un’opera, manchi il requisito costitutivo della human authorship (cfr. ad esempio United States District Court For The District Of Columbia, Stephen Thaler v. Shira Perlmutter, Civil Action No. 22-1564 BAH). La Cassazione italiana, nell’ambito di una recente ordinanza (Cass. Civ., I, ord. 1107/2023) pur definita nel senso dell’inammissibilità del ricorso a essa sottoposto, ha comunque osservato come la «protezione del diritto d’autore postula il requisito dell’originalità e della creatività, consistente non già nell’idea che è alla base della sua realizzazione, ma nella forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, presupponendo che l’opera rifletta la personalità del suo autore, manifestando le sue scelte libere e creative; la consistenza in concreto di tale autonomo apporto forma oggetto di una valutazione destinata a risolversi in un giudizio di fatto» per poi aggiungere, ai fini che qui interessano, come l’ «aver utilizzato un software per generare l’immagine […] è pur sempre compatibile con l’elaborazione di un’opera dell’ingegno con un tasso di creatività che andrebbe solo scrutinato con maggior rigore». La pronuncia, pur non sciogliendo la questione in via definitiva e compiuta, non conclude a priori che il concorso dell’intelligenza artificiale alla realizzazione dell’opera escluda in ogni caso la configurabilità del diritto d’autore, dovendo valutarsi caso per caso.

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