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Il futuro dell’intervento militare in Mozambico

Marco Tamburro

La missione dei Paesi del Sud-Est dell’Africa (SADC) in Mozambico dovrebbe concludersi a luglio, ma alcune truppe rimarranno, poiché i Paesi vicini temono che l’insurrezione jihadista a Cabo Delgado stia riprendendo piede

Nel corso di tre anni, le forze della SADC hanno aiutato l’esercito mozambicano a riconquistare il territorio un tempo detenuto dai militanti e a stabilizzare Cabo Delgado per un certo periodo, ma visti i recenti attacchi di Aprile 2024, l’insurrezione è tutt’altro che debellata. In sostanza, la campagna militare pluriennale non è riuscita a infliggere un colpo decisivo e una recente recrudescenza degli attacchi, col graduale ritiro dei Paesi SADC, suggerisce che i combattenti si stanno riorganizzando.

A gennaio, la SADC ha dichiarato che avrebbe ritirato la forza alla scadenza del suo attuale mandato, il 15 luglio 24. Il Botswana e il Lesotho si sono ritirati ad aprile, mentre Angola e Namibia stanno progressivamente lasciando il paese secondo le scadenze previste.

Il Sudafrica, i cui 1.495 soldati costituiscono i due terzi della missione, sarebbero dovuti tornare a casa nelle prossime settimane, ma con una mossa a sorpresa, il 23 aprile, hanno annunciato che manterranno le sue forze di difesa a Cabo Delgado fino alla fine dell’anno. In effetti, lascerà 200 persone fino al marzo 2025 per affrontare “attività marittime illegali” lungo la costa del Mozambico.

Ad aprile, il Rwanda ha dichiarato di voler aggiungere truppe al suo dispiegamento di 2.500 uomini, secondo i termini di un accordo bilaterale segreto con Maputo. Apparentemente, anche la Tanzania vuole mantenere tra i 400 e i 500 soldati in Mozambico, soprattutto preoccupata per attacchi lampo che potrebbero essere organizzati fra gli 860 km di confine tra i due Paesi.

Di conseguenza, gli accordi militari in corso sembrano destinati a compensare la fine della missione SADC, ma regna l’incertezza sul quadro in cui opereranno le truppe straniere. I funzionari sudafricani affermano che Pretoria sta semplicemente prolungando il turno di servizio dei suoi soldati per organizzare un ritiro ordinato nel corso dell’anno. Le truppe tanzaniane potrebbero rimanere in base a un accordo bilaterale con Maputo o lavorare sotto la bandiera della SADC con il Sudafrica almeno fino a dicembre. In ogni caso, il ritiro delle truppe dei vari Paesi potrebbe comunque avvenire troppo presto rispetto all’attuale situazione.

Dal 2023 in poi, la campagna combinata ha compiuto notevoli progressi, riducendo il numero degli insorti da circa 3.000 a meno di 300, secondo i diplomatici regionali e gli analisti della sicurezza in Mozambico. Le truppe straniere hanno inoltre ripreso il controllo di un numero di aree, sufficiente da consentire il ritorno a casa di oltre mezzo milione di persone dislocate. Due leader militanti di alto livello, uno mozambicano e l’altro tanzaniano, sono scomparsi nel corso del 2023. Le autorità mozambicane, nel frattempo, hanno ripristinato alcuni servizi pubblici in alcune aree precedentemente controllate dagli insorti.

In generale, fra le varie difficoltà della SADC, esiste la mancanza di fondi per la missione. La missione ha, infatti, fatto molto affidamento sui contributi degli Stati membri, ma ha sempre avuto un deficit. Il Sudafrica è quello che ha dato di più, circa 45 milioni di dollari all’anno. Un contributo di 15 milioni di euro da parte del Fondo europeo per la pace per attrezzature non letali con attività di formazione, benché gradito, è stato insufficiente per sostenere operazioni di terra su larga scala. L’Unione Africana, da parte sua, ha fornito attrezzature, ma ha erogato solo circa 2 milioni di dollari attraverso l’Africa Peace Facility per la missione.

Oltre alle carenze finanziarie, la SAMIM ha affrontato diverse altre difficoltà: nonostante i primi successi operativi, le truppe hanno faticato a debellare i piccoli gruppi di militanti sparsi su un terreno accidentato. Sembra ovvio che i numeri della missione sono insufficienti per coprire la sua vasta area di responsabilità, che ha solo poche strade decenti. Le forze sudafricane non hanno quasi più elicotteri funzionanti e non sono in grado di condurre operazioni aeree. La mancanza di attrezzature affidabili e di pezzi di ricambio ha fiaccato il morale delle truppe, che preferiscono rintanarsi nelle loro basi piuttosto che dare la caccia a unità sempre più mobili di militanti.

Il rapporto di lavoro con le forze mozambicane a Cabo Delgado ha rappresentato un’altra sfida: scarsamente addestrati e sottopagati, i mozambicani si aspettavano che le truppe del Rwanda e della SADC prendessero il comando nell’affrontare gli insorti. Ufficiosamente, funzionari della SADC si sono lamentati amaramente della mancanza di comunicazione e cooperazione da parte dell’esercito mozambicano che, secondo loro, ha reso quasi impossibile la condivisione di informazioni. La SAMIM ha incontrato ostacoli simili nelle sue attività non militari.

L’esercito mozambicano continua inoltre a dover fare i conti con la carenza di materiale e con le difficoltà di rifornimento delle unità dislocate in avanti. Il governo ha chiesto all’Unione Europea più equipaggiamento militare, ma Bruxelles è riluttante ad accettare. Dal 2022, gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno addestrato forze di reazione rapida (QRF) nell’esercito, nella marina e nell’aeronautica. Le QRF dovrebbero assumere un ruolo di primo piano nella lotta agli insorti a partire da dicembre, ma gli scarsi risultati dell’esercito in termini di pianificazione e logistica fanno sì che queste forze speciali possano soffrire di una mancanza di supporto e rifornimenti critici una volta diventate operative.

Tuttavia, il governo di Maputo sembra abbastanza soddisfatto dello stato delle cose a Cabo Delgado, essendo più fiducioso dei Paesi vicini di poter respingere una recrudescenza jihadista con l’aiuto del Rwanda e, in misura minore, della polizia comunitaria.

La decisione di mantenere le truppe rwandesi nelle zone chiave di Palma e Mocímboa da Praia, nonché nei pressi delle miniere di grafite di Ancuabe, sembra chiaro che il governo ha fatto della salvaguardia delle sue rosrse naturali una priorità. Nell’ultimo anno, TotalEnergies ha valutato se riaprire il progetto del gas, ma la valutazione dell’azienda sulla situazione della sicurezza resta negativa. In caso di maggior mancanza di truppe, il progetto del gas potrebbe tornare a essere un bersaglio per l’insurrezione.

A questo punto l’ago della bilanca da un punto di vista militare, sembra essere il Rwanda; la sua presenza in Mozambico ha suscitato poche reazioni sul piano dei diritti umani, poiché le truppe rwandesi sono ben disciplinate e hanno un buon rapporto con i civili. Tuttavia, vari Paesi UE continuano a temere che Kigali stia intervenendo a Cabo Delgado non solo per stabilizzare la provincia, ma anche per promuovere i propri interessi economici; il Rwanda, attraverso Crystal Ventures, società che rappresenta il braccio d’investimento del partito al potere, è coinvolto in una serie di attività in Mozambico, tra cui l’estrazione mineraria, l’edilizia e la sicurezza privata.

Dal punto di vista del Rwanda, nuovi fondi UE sembrano l’unica soluzione per continuare l’intervento. In precedenza, il Rwanda ha già ottenuto un contributo di 20 milioni di euro dal Fondo europeo per la pace, in scadenza di rinnovo, ma gli Stati membri dell’UE sono in disaccordo sulla richiesta, dato il sostegno di Kigali al movimento ribelle M23 nella RDC orientale.

Marco Tamburro

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La Wagner: Africa terreno di conquista

Marco Tamburro

La Wagner: Africa terreno di conquista

Le attività in Africa e l’ascesa della Wagner di Prigozhin

Dal 2017, la Russia ha ampliato in modo aggressivo la sua presenza militare in Africa attraverso il Gruppo Wagner, un insieme di società di facciata e di gruppi di mercenari russi precedentemente di proprietà del defunto uomo d’affari Yevgeny Prigozhin. Anche nel Congo orientale, l’entusiasmo è palpabile per i “russi”, un termine generico per indicare i circa 1.000 mercenari dell’Europa dell’Est di stanza a Goma, e per il governo russo, che a marzo 2024 ha dichiarato di aver approvato un accordo provvisorio di cooperazione militare con Kinshasa.

Dal 2022, quest’area è colpita da uno dei conflitti più catastrofici del mondo. Con l’aiuto velato del Rwanda, la milizia dell’M23 ha violentato e massacrato la provincia del Nord Kivu e si è già avvicinata a più riprese alla capitale regionale Goma, come già accaduto diverse volte nello scorso decennio.

Mentre i Paesi occidentali sanzionavano Mosca dopo l’annessione della Crimea nel 2014, il Cremlino ha iniziato a spingere per firmare accordi di cooperazione militare con varie nazioni africane. Tra questi, un accordo militare del maggio 2019 con il Congo-Brazzaville/Repubblica del Congo, che ha visto la Russia inviare ‘’consiglieri’’ militari nel Paese e contribuire alla manutenzione delle sue attrezzature di fabbricazione sovietica. Il Cremlino ha affermato di aver siglato un accordo simile con il Congo DRC ad inizio 2024.

La posizione degli Stati Uniti

Gli Stati Uniti hanno designato il Gruppo Wagner come organizzazione criminale transnazionale nel gennaio 2023 e il Tesoro ha sanzionato persone e società collegate.

Negli ultimi cinque anni, le truppe di Wagner sono state individuate in Mali, Sudan, Repubblica Centrafricana, Libia e Mozambico e i suoi mercenari sono stati accusati di torture, stupri, rapimenti di bambini ed esecuzioni sommarie di civili oltre che contrabbando di oro e sfruttamento illegale di minerali, utilizzando il Camerun come hub logistico e di trasporto. Il gruppo si è anche impegnato in ingerenze elettorali (attraverso AFRIC, la falsa organizzazione di monitoraggio elettorale di Prigozhin) in Congo, Zimbabwe, Madagascar, Mozambico e Sudafrica.

A maggio 2023 si riteneva che la Wagner avesse sul campo circa 5.000 mercenari di stanza in Africa, molti dei quali ex soldati e detenuti russi. Il Gruppo Wagner e altre forze e “consiglieri” emergenti sostenuti dallo Stato russo sfruttano le risorse e le popolazioni dei Paesi africani per il loro tornaconto personale, visto che le risorse naturali diventano l’unico mezzo a disposizione degli Stati per pagare il costoso supporto militare della Wagner. 

‘’Sono una minaccia per la stabilità e la prosperità dei Paesi in cui sono presenti”, ha dichiarato un portavoce del Dipartimento di Stato americano in un comunicato.

E se la Russia può aver compiuto un’impressionante impresa di pubbliche relazioni anche in Congo DRC, convincendo i cittadini congolesi di essere un vero alleato, le azioni delle sue forze mercenarie in altre parti del continente raccontano una storia molto diversa. “Queste forze non riducono il terrorismo, ma piuttosto esacerbano la minaccia perseguendo tattiche draconiane e violente. Ciò si traduce in un drammatico aumento della violenza ciclica”, ha proseguito il Dipartimento di Stato.  

Da Wagner ad Africa Corps

Prigozhin e altri comandanti della Wagner sono morti nel quadro di un’esplosione che ha fatto precipitare il suo jet privato nell’agosto 2023, due mesi dopo aver lanciato un ammutinamento di breve durata che Putin ha definito un atto di tradimento. Wagner è stato sciolto alla fine del 2023 e i suoi combattenti sono stati trasferiti a unità sotto il controllo delle forze armate russe.

Ma il Gruppo Wagner continua a vivere in Africa e, secondo quanto riferito, è ora controllato direttamente dal Cremlino sotto il nuovo nome di Africa Corps.

A febbraio 2024, la BBC ha riferito che il generale Andrei Averyanov, capo di un’unità di intelligence militare russa specializzata in “omicidi mirati e destabilizzazione di governi stranieri”, ha assunto la guida di Africa Corps e sembra che stia ampliando gli accordi con Capi di Stato e giunte militari in Libia, Burkina Faso, Repubblica Centrafricana, Mali e Niger per contribuire a consolidare il controllo in cambio della cessione di diritti minerari alla Russia. Lo scorso giugno il Cremlino ha dichiarato che lo Stato russo non ha alcun ruolo negli interessi commerciali multimilionari di Wagner in Africa.

Marco Tamburro

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Nuova ondata di violenze in Mozambico: l’orrore non si ferma in Cabo Delgado, TOTAL rinvia approvvigionamenti e trivellazioni

Marco Tamburro

Nella seconda metà del 2023, si erano ridotti di molto gli attacchi del movimento terroristico di ispirazione islamica operativo nel Nord del Mozambico; molti distretti erano considerati sicuri dopo diverse analisi di sicurezza e sembrava che la TOTAL fosse finalmente pronta a riprendere la catena di approvvigionamento logistica per portare avanti il progetto di trivellazione del giacimento di gas di Afungi.

Invece, complice anche il progressivo ritiro del contingente delle forze sudafricane (Sud Africa, Zimbabwe, Botswana) SAMIM, da dicembre 2023, circa 112.000 persone sono state nuovamente costrette a fuggire da diversi distretti a causa dei nuovi attacchi. Inizialmente, gli attacchi si erano concentrati nei distretti ‘’storicamente difficili’’ per l’armata mozambicana, ossia quei distretti del nord est che non sono mai più stati totalmente sotto il controllo delle autorità mozambicane, come Quissanga, Macomia e Mocimboa da Praia, in particolare zone rurali.

Tuttavia, con la diminuzione degli effettivi SAMIM e le truppe rwandesi limitate al controllo della zona nell’estremo nord di Palma-Afungi, le forze mozambicane si sono ritrovate nuovamente a cercare di controllare una grande area fra Montepuez e Pemba.

Sembra ormai scontato che anche il non state armed group di ispirazione islamica abbia la sua rete di informatori, che non hanno tardato ad informare il gruppo dirigente operante fra Mozambico e Tanzania, che la diminuzione dei militari SAMIM e la fragilità delle truppe mozambicane potevano essere nuovamente sfruttati. Di conseguenza, gi attacchi si sono prima concentrati nelle zone dove le forze mozambicane non erano più molto supportate dalla SAMIM, con gli islamisti che hanno occupato diverse isole delle Quirimbas, intorno all’isola di Ibo.

Successivamente, a fine febbraio, un’ondata di attacchi si è concentrata nel distretto di Chiure, coinvolgendo anche le zone frontaliere fra le province di Cabo Delgado e Nampula. Nello spazio di cinque giorni a partire dallo scorso 24 febbraio, circa 65.000 persone sono fuggite in diverse direzioni dalla zona rurale del distretto di Chiure. La cosa, ancora più preoccupante, non sono stati solo gli attacchi in rapida successione nella zona di Chiure, ma anche una sostanziale assenza della risposta militare delle forze mozambicane.

In alcune zone, gli islamisti sono addirittura arrivati a prendere il controllo delle strade principali e chiedere una tassa per il passaggio dei trasporti pubblici senza usare la violenza contro la popolazione civile.

Questa sorta di riattivazione di gruppi numerosi (si stima 20-40 per attacco) sembra confermare le analisi del passato che puntano verso questo sistema di ‘’attivazione-riattivazione’’ dei combattenti che vengono informati, riforniti e guidati da un gruppo dirigente che ha la possibilità di richiamare questi individui che, probabilmente, alla fine delle ondate di attacchi, tornerà nei distretti di provenienza e riprenderà la vita da civile.

Marco Tamburro