mattei

Il Piano Mattei prende forma: più trade e meno aid

Marco Tamburro

È entrata in vigore già dal 14 gennaio 2024 la legge n. 2/2024, che definisce gli ambiti di intervento del “Piano Mattei” e istituisce la Cabina di regia preposta al coordinamento e al monitoraggio dell’implementazione del piano. In quasi un anno, diversi soggetti hanno già beneficiato dei fondi, tra cui diverse organizzazioni della società civile, per l’implementazione di progetti su diverse tematiche nei Paesi prioritari, tra cui Algeria, Costa d’Avorio, Egitto, Etiopia, Kenya, Libia, Marocco, Mozambico, Repubblica Democratica del Congo, Rwanda, Sud Africa e Tunisia.

Dopo circa un anno di implementazione, si possono tirare già alcune conclusioni perché si intravedono diversi elementi, chiari e meno chiari, che caratterizzano l’attuazione del paino:

  • Un approccio top-down e il rapporto fra AICS e DGCS: se già nel gennaio 24 l’Unione Africana si era detta ‘’sorpresa’’ del lancio del piano senza consultazioni avvenute fra l’organo di coordinamento africano e il Governo italiano, resta un carattere molto centralizzato a livello decisionale, con l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS) che spesso viene consultata sulle iniziative del Piano Mattei, ma non riveste certo un ruolo decisionale. Questo perché, anche solo per un mero aspetto legislativo, l’AICS risponde alla normativa 125/2014 (legge sulla cooperazione), mentre il Piano Mattei al decreto-legge del 2024, slegandolo così di fatto da tutta quella normativa burocratica che caratterizza il modus operandi di AICS. Di conseguenza, all’interno del Ministero affari esteri, è la DGCS[1] ad avere un ruolo di primo ordine e ad essere l’organo decisionale sulle iniziative, generando anche una sorte di rivalità con l’AICS.
  • Un approccio dinamico e comunicativo: se nel gennaio 2024 l’Unione Africana si era espressa in quei termini, la cabina di regia non ha però mancato di coltivare, dopo il lancio, i rapporti con i partners africani che in diverse occasioni, sono stati visitati e con cui si sono intavolate diverse discussioni sulle loro priorità. Ad oggi, quasi tutti i Paesi prioritari hanno visto almeno due missioni nell’arco degli ultimi 24 mesi di rappresentanti di alto livello di AICS-DGCS, e sempre alla presenza degli ambasciatori italiani presenti in ogni Paese. Queste missioni non hanno mancato di mettere in agenda anche incontri con la società civile italiana presente nei Paesi africani partners oltre che rapporti stretti con ENI.
  • Un’eleggibilità ‘’allargata’’: essendo il Piano attuato sotto un decreto-legge diverso dalla legge sulla cooperazione, questo dà molto più margine di manovra alla cabina di regia di Roma decidere in autonoma e anche per assegnazione diretta, dove e come destinare i fondi. Diversi enti, si trovano così in posizione privilegiate per la proposta di fondi, come per esempio diverse iniziative in fase di disegno da parte delle Regioni italiane che poi lascerebbero la società civile implementare nei Paesi selezionati. Ovviamente, anche per rimarcare il peso politico del Paino ed accentuare il carattere univoco del ‘’sistema Italia’’ da portare avanti, alcuni partners sono stati privilegiati nelle interlocuzioni con la DGCS e il MAECI, come ad esempio l’Eni, sia per progetti rivolti a scopi sociali sia per iniziative più di business, condiviso fra imprese italiane e africane: è l’esempio, della filiera del caffè, che sembra essere il focus tecnico di diverse azioni lanciate in Paesi come Tanzania, Kenya e Uganda e dove grandi imprese italiane avranno il compito di creare partenariati con imprese africane nel settore (vedi Illy e Lavazza).
  • ‘’I nodi da scogliere’’ e le domande per il futuro: in prospettiva, soprattutto le Organizzazioni della società civile hanno avuto difficoltà a capire le modalità di approccio e presentazione progetti, vedendo però contemporaneamente somme considerevoli già assegnate ad altri partners. Quanti saranno davvero i fondi ‘’nuovi’’ disponibili anno per anno, e quanti progetti già in corso o con fonti di finanziamento diverse (e.i. investimenti autonomi di ENI) saranno calcolati nel bilancio dell’investimento del Piano?  AICS risentirà della presenza del Piano Mattei in termini di fondi disponibili? Questi i maggiori punti da seguire nel prossimo futuro per il monitoraggio del Piano Mattei.

Marco Tamburro


[1]  Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo è l’organo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale che si occupa di definire gli obiettivi, la priorità e gli indirizzi strategici degli interventi di cooperazione allo sviluppo[1], di valutarne gli impatti e di verificare il raggiungimento degli scopi prefissati.

Inoltre, rappresenta l’Italia nelle sedi internazionali deputate alle politiche di cooperazione, sovrintende all’erogazione di contributi statali alle ONG ed agli interventi di emergenza umanitaria.

Mozambico

Cabo Delgado Mozambico: dagli attacchi del 2017 alla crisi internazionale del 2020

Una crisi aperta che continua a essere volutamente sottovalutata

Marco Tamburro

Prima dell’ottobre 2017, la provincia settentrionale mozambicana di Cabo Delgado vantava la terza baia più grande del mondo che si trova nella capitale Pemba, che pullula di delfini, una vasta gamma di specie di pesci, coralli duri e molli. La sua lunga costa è caratterizzata da spiagge di sabbia bianca e da una moltitudine di isole che sono una destinazione perfetta per i turisti.

La scoperta di importanti riserve di gas nel bacino del Rovuma, al largo della costa di Cabo Delgado, di gas naturale liquido (GNL) – stimato come il quarto più grande del mondo – ha suscitato prospettive importanti per la popolazione. Tuttavia, i posti di lavoro promessi non si sono ancora materializzati ed un grande problema di redistribuzione della ricchezza permane tutt’oggi.

Nel frattempo, l’insurrezione ha interrotto diverse attività economica di sostentamento per la popolazione locale, oltre ai grandi progetti su GNL.

Gli investimenti GNL situati nella penisola di Afungi sono forse i contributi più significativi all’economia formale della regione, per un totale di 20 miliardi di dollari di investimenti in infrastrutture. Nel maggio 2021, la compagnia energetica francese Total ha dichiarato la forza maggiore sui suoi obblighi contrattuali per la lavorazione del GNL e ha sospeso le sue operazioni a causa della crescente insicurezza.

Questa drastica decisione è stata anche un significativo punto di pressione per il governo del Mozambico, e ha catalizzato un maggiore intervento militare nella regione. Poco dopo l’annuncio di TOTAL, il presidente Nyusi ha incontrato bilateralmente il presidente francese Macron a margine dell’Africa Financing Summit di maggio.

In ritardo, il governo ha cominciato a cercare il sostegno di altri paesi nella sua lotta contro l’insurrezione. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea, attraverso l’ex potenza coloniale Portogallo, sono intervenuti per aiutare ad addestrare i soldati mozambicani. Nel giugno 2021, la Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Meridionale (SADC) ha sancito il dispiegamento di una forza regionale per aiutare a reprimere l’insurrezione e ripristinare la stabilità nella regione colpita dal conflitto. Al momento il dispiegamento della SADC era ancora in corso. 

Ancor prima pero, le truppe ruandesi, che si trovano in Mozambico dal 9 luglio, sono guidate dal maggiore generale Innocent Kabandana. Innocent Kabandana è già stato negli Stati Uniti d’America (USA), in Canada, nella Repubblica Democratica del Congo e in Burundi. Dal 2020, ha comandato l’Accademia Militare del Ruanda.

Nel 2017 i primi attacchi furono qualificati come azioni criminali un po’ meglio organizzate rispetto agli sporadici furti o azioni violente che ogni tanto accadevano nell’estremo nord.

Con l’aumentare degli attacchi tra cui il primo davvero clamoroso a Mocimboa da Praia nell’ottobre 2017 accesero l’attenzione a livello internazionale sulla situazione a Cabo Delgado.

Secondo diverse analisi, l’insurrezione ha origini locali: i suoi membri sono principalmente cittadini mozambicani provenienti da Cabo Delgado – anche se ci sono segnalazioni aneddotiche di cittadini stranieri dalla vicina Tanzania. Gli autori sono per lo più civili. Ci sono prove anche sul reclutamento di bambini attraverso rapimenti durante gli attacchi.  Gli insorti hanno anche rapito donne e giovani ragazze, che sono poi costrette a vivere con loro come mogli o concubine. La maggior parte dei crimini perpetrati dagli insorti sono raccapriccianti, comprese le decapitazioni.

Interi villaggi sono diventati città fantasma. Mocímboa da Praia, è stata fino a poco tempo fa disabitata per quasi due anni da quando gli attacchi degli insorti nel 2019 hanno cacciato la popolazione locale. Le forze governative sono state in grado di riprendere la città solo all’inizio di agosto 2021 con l’aiuto delle forze ruandesi. La maggior parte delle persone che sono fuggite da Mocímboa da Praia e dalle città che sono state invase dagli insorti hanno cercato rifugio a Pemba, Montepuez, Mueda e altre città, con solo i vestiti sulle spalle e quel poco che riescono a portare nel loro viaggio in barca, veicolo e a piedi.

Mentre le violenze perpetrate dall’Al Shabaab mozambicana superano quelle di altri attori in quantità e gravità, è importante far luce anche sugli abusi perpetrati da altri attori. Un rapporto di Amnesty International pubblicato nel marzo 2021 ha articolato la brutalità sperimentata dai civili per mano di compagnie militari private come la Dyck Advisory Group (DAG) e le forze governative mozambicane. 

Questa ondata di insurrezione ha provocato un esodo di civili dalle regioni colpite dal conflitto. Ci sono ora circa 800.000 sfollati interni (IDP) e questo ha messo alla prova l’abilità e la capacità del governo di fornire assistenza umanitaria ai civili che fuggono dalle aree sotto attacco.  L’insurrezione ha anche spinto la gente a lasciare Cabo Delgado nelle province vicine. Le province di Niassa, Nampula e Zambezia sono particolarmente colpite; ovviamente, il supporto delle Nazioni Unite e delle ONG non manca, anche se, a livello di disponibilità di fondi, altre crisi più note e anche le necessità di risposta al covid-19 nei Paesi ‘’donatori’’, porta ancora oggi ad una grande mancanza di fondi.

La guerra a Cabo Delgado è ormai al quarto anno. La sofferenza umana è stata incalcolabile e la comunità internazionale è stata ripetutamente scioccata da rapporti di estrema brutalità.

La condizione dei civili coinvolti nella violenza a Cabo Delgado è l’obiettivo e l’interesse centrale di questo rapporto. Dall’inizio degli attacchi nella città distretto di Mocímboa da Praia il 5 ottobre 2017, circa 2800 persone sono morte e quasi 800 000 sono state sfollate dalle loro case, città e villaggi.

Nonostante le operazioni militari siano ad oggi in corso, sembra che l’obiettivo principale sia, innanzitutto, riportare la TOTAL a riaprire il progetto per lo sfruttamento del NL, piuttosto che proteggere i civili da ulteriori attacchi.

Nel 2021, anche con l’attenuazione degli effetti del covid-19 sulle agende politiche degli stati occidentali oltre che sulle casse statali, si spera che la comunità internazionale faccia fronte comune su una risoluzione pacifica del conflitto e su una maggior richiesto al Mozambico rispetto ad investimenti per la popolazione locale e maggior rispetto dei diritti fondamentali.

Marco Tamburro 

armati-mozambico

Cabo Delgado, Mozambico: Instabilità e ricchezza

Uno spaccato di globalizzazione

Marco Tamburro

In Mozambico un gruppo estremista si macchia, gia dal 2017, di atroci delitti, decapitazioni e furti contro la popolazione locale, mentre, a pochi chilometri, uno dei giacimenti piu preziosi di gas del Mondo viene minacciato da questo fenomeno che nessuno sembra poter arrestare

Gli elementi per una nuova crisi internazionale ci sono tutti: Democrazie fragili che non riescono a trovare un’intesa sul da farsi (la SADC[1]), un giacimento di gas che potrebbe far balzare il Mozambico fra i primi tre esportatori di gas al Mondo da qui al 2025, un’agenda politica ancora alle prese con le conseguenze del covid-19 e un’emergenza umanitaria che ha gia’ portato piu di settecento mila persona ad una delocalizzazione forzata verso aree piu sicure nel nord del Mozambico.

Il Mozambico si ritrova di fronte una nuova potenziale catastrofe umanitaria dopo esser stato colpito da due cicloni devastanti (IDAI e Kenneth) nel Marzo-Aprile 2019: dal 2014 in poi le potenzialita del gas nel nord del Mozambico avevano fatto espoldere un entusiasmo incredibile e avevano fatto sperare il partito di maggioranza storico (FRELIMO) di poter essere un esempio di Paese africano che sarebbe potuto usicre da una situazione di poverta cronica; nel mentre, la TOTAL, colosso francese, si affermava come leader per lo sfruttamento del giacimento costiero e, piu a sud, l’ENI definiva il suo ruolo di capofila insieme ad EXXON per lo sfruttamento di un secondo giacimento in mare aperto. Il paradosso ha voulto che proprio decenni di disinteresse nei confronti di questa provincia mozambicana, Cabo Delgado, abbia portato ad una facile penetrazione, probabilmente di ispirazione islamista, che si e’ combinata con una rabbia sociale e una poverta di opportunita per i giovani: cio ha portato gli auto proclamati Shabaab (senza nessun legame apparente con Al-Shabaab somalo) a perpetrare massacri e sabotaggi a danno della poplazione locale e della polizia, fino a portare all’interruzione del progetto di sfruttametno del gas da parte di TOTAL, che non valuta il contesto sicuro, almeno finche il governo non portera avanti azioni concrete per riportare la sicurezza nel nord ad un livello accettabile.

L’attacco del 25 Marzo nella citta di Palma ha fatto luce su tutte le fragilita delle forze armate mozambicane che non riescono a conseguire risultati soddisfacenti contro un movimento che cresce in mezzi e uomini; avendo accesso ad alcuni giacimenti illegali e commerciando in armi, droghe e essere umani, Shabaab riesce sempre di piu ad avere un potere economico in grado di sostenere i suoi militanti locali, oltre a pubblicizzare un non ben chiaro legame con l’ISIS a cui ha ufficialmente dichiarato l’affilizaizone nel 2018.

Ovviamente diversi Stati occidentali seguono da vicino la situazione, ma i fondi per l’emergenza umanitaria, eventuali summit internazionali ed altri sostegni non sono ancora all’ordine del giorno; gli stati occidentali sono ancora, evidentemente, troppo impegnati a risolvere ‘’l’effetto covid’’, e probabilmente delle vere azioni concrete si vedranno solo verso la fine di quest’anno.


[1] La Comunità per lo sviluppo dell’Africa meridionale (SADC) è una comunità economica regionale che comprende 16 Stati membri: Angola, Botswana, Comore, Repubblica Democratica del Congo, Eswatini, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mauritius, Mozambico, Namibia, Seychelles, Sudafrica, Tanzania, Zambia e Zimbabwe.