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Il futuro dell’intervento militare in Mozambico

Marco Tamburro

La missione dei Paesi del Sud-Est dell’Africa (SADC) in Mozambico dovrebbe concludersi a luglio, ma alcune truppe rimarranno, poiché i Paesi vicini temono che l’insurrezione jihadista a Cabo Delgado stia riprendendo piede

Nel corso di tre anni, le forze della SADC hanno aiutato l’esercito mozambicano a riconquistare il territorio un tempo detenuto dai militanti e a stabilizzare Cabo Delgado per un certo periodo, ma visti i recenti attacchi di Aprile 2024, l’insurrezione è tutt’altro che debellata. In sostanza, la campagna militare pluriennale non è riuscita a infliggere un colpo decisivo e una recente recrudescenza degli attacchi, col graduale ritiro dei Paesi SADC, suggerisce che i combattenti si stanno riorganizzando.

A gennaio, la SADC ha dichiarato che avrebbe ritirato la forza alla scadenza del suo attuale mandato, il 15 luglio 24. Il Botswana e il Lesotho si sono ritirati ad aprile, mentre Angola e Namibia stanno progressivamente lasciando il paese secondo le scadenze previste.

Il Sudafrica, i cui 1.495 soldati costituiscono i due terzi della missione, sarebbero dovuti tornare a casa nelle prossime settimane, ma con una mossa a sorpresa, il 23 aprile, hanno annunciato che manterranno le sue forze di difesa a Cabo Delgado fino alla fine dell’anno. In effetti, lascerà 200 persone fino al marzo 2025 per affrontare “attività marittime illegali” lungo la costa del Mozambico.

Ad aprile, il Rwanda ha dichiarato di voler aggiungere truppe al suo dispiegamento di 2.500 uomini, secondo i termini di un accordo bilaterale segreto con Maputo. Apparentemente, anche la Tanzania vuole mantenere tra i 400 e i 500 soldati in Mozambico, soprattutto preoccupata per attacchi lampo che potrebbero essere organizzati fra gli 860 km di confine tra i due Paesi.

Di conseguenza, gli accordi militari in corso sembrano destinati a compensare la fine della missione SADC, ma regna l’incertezza sul quadro in cui opereranno le truppe straniere. I funzionari sudafricani affermano che Pretoria sta semplicemente prolungando il turno di servizio dei suoi soldati per organizzare un ritiro ordinato nel corso dell’anno. Le truppe tanzaniane potrebbero rimanere in base a un accordo bilaterale con Maputo o lavorare sotto la bandiera della SADC con il Sudafrica almeno fino a dicembre. In ogni caso, il ritiro delle truppe dei vari Paesi potrebbe comunque avvenire troppo presto rispetto all’attuale situazione.

Dal 2023 in poi, la campagna combinata ha compiuto notevoli progressi, riducendo il numero degli insorti da circa 3.000 a meno di 300, secondo i diplomatici regionali e gli analisti della sicurezza in Mozambico. Le truppe straniere hanno inoltre ripreso il controllo di un numero di aree, sufficiente da consentire il ritorno a casa di oltre mezzo milione di persone dislocate. Due leader militanti di alto livello, uno mozambicano e l’altro tanzaniano, sono scomparsi nel corso del 2023. Le autorità mozambicane, nel frattempo, hanno ripristinato alcuni servizi pubblici in alcune aree precedentemente controllate dagli insorti.

In generale, fra le varie difficoltà della SADC, esiste la mancanza di fondi per la missione. La missione ha, infatti, fatto molto affidamento sui contributi degli Stati membri, ma ha sempre avuto un deficit. Il Sudafrica è quello che ha dato di più, circa 45 milioni di dollari all’anno. Un contributo di 15 milioni di euro da parte del Fondo europeo per la pace per attrezzature non letali con attività di formazione, benché gradito, è stato insufficiente per sostenere operazioni di terra su larga scala. L’Unione Africana, da parte sua, ha fornito attrezzature, ma ha erogato solo circa 2 milioni di dollari attraverso l’Africa Peace Facility per la missione.

Oltre alle carenze finanziarie, la SAMIM ha affrontato diverse altre difficoltà: nonostante i primi successi operativi, le truppe hanno faticato a debellare i piccoli gruppi di militanti sparsi su un terreno accidentato. Sembra ovvio che i numeri della missione sono insufficienti per coprire la sua vasta area di responsabilità, che ha solo poche strade decenti. Le forze sudafricane non hanno quasi più elicotteri funzionanti e non sono in grado di condurre operazioni aeree. La mancanza di attrezzature affidabili e di pezzi di ricambio ha fiaccato il morale delle truppe, che preferiscono rintanarsi nelle loro basi piuttosto che dare la caccia a unità sempre più mobili di militanti.

Il rapporto di lavoro con le forze mozambicane a Cabo Delgado ha rappresentato un’altra sfida: scarsamente addestrati e sottopagati, i mozambicani si aspettavano che le truppe del Rwanda e della SADC prendessero il comando nell’affrontare gli insorti. Ufficiosamente, funzionari della SADC si sono lamentati amaramente della mancanza di comunicazione e cooperazione da parte dell’esercito mozambicano che, secondo loro, ha reso quasi impossibile la condivisione di informazioni. La SAMIM ha incontrato ostacoli simili nelle sue attività non militari.

L’esercito mozambicano continua inoltre a dover fare i conti con la carenza di materiale e con le difficoltà di rifornimento delle unità dislocate in avanti. Il governo ha chiesto all’Unione Europea più equipaggiamento militare, ma Bruxelles è riluttante ad accettare. Dal 2022, gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno addestrato forze di reazione rapida (QRF) nell’esercito, nella marina e nell’aeronautica. Le QRF dovrebbero assumere un ruolo di primo piano nella lotta agli insorti a partire da dicembre, ma gli scarsi risultati dell’esercito in termini di pianificazione e logistica fanno sì che queste forze speciali possano soffrire di una mancanza di supporto e rifornimenti critici una volta diventate operative.

Tuttavia, il governo di Maputo sembra abbastanza soddisfatto dello stato delle cose a Cabo Delgado, essendo più fiducioso dei Paesi vicini di poter respingere una recrudescenza jihadista con l’aiuto del Rwanda e, in misura minore, della polizia comunitaria.

La decisione di mantenere le truppe rwandesi nelle zone chiave di Palma e Mocímboa da Praia, nonché nei pressi delle miniere di grafite di Ancuabe, sembra chiaro che il governo ha fatto della salvaguardia delle sue rosrse naturali una priorità. Nell’ultimo anno, TotalEnergies ha valutato se riaprire il progetto del gas, ma la valutazione dell’azienda sulla situazione della sicurezza resta negativa. In caso di maggior mancanza di truppe, il progetto del gas potrebbe tornare a essere un bersaglio per l’insurrezione.

A questo punto l’ago della bilanca da un punto di vista militare, sembra essere il Rwanda; la sua presenza in Mozambico ha suscitato poche reazioni sul piano dei diritti umani, poiché le truppe rwandesi sono ben disciplinate e hanno un buon rapporto con i civili. Tuttavia, vari Paesi UE continuano a temere che Kigali stia intervenendo a Cabo Delgado non solo per stabilizzare la provincia, ma anche per promuovere i propri interessi economici; il Rwanda, attraverso Crystal Ventures, società che rappresenta il braccio d’investimento del partito al potere, è coinvolto in una serie di attività in Mozambico, tra cui l’estrazione mineraria, l’edilizia e la sicurezza privata.

Dal punto di vista del Rwanda, nuovi fondi UE sembrano l’unica soluzione per continuare l’intervento. In precedenza, il Rwanda ha già ottenuto un contributo di 20 milioni di euro dal Fondo europeo per la pace, in scadenza di rinnovo, ma gli Stati membri dell’UE sono in disaccordo sulla richiesta, dato il sostegno di Kigali al movimento ribelle M23 nella RDC orientale.

Marco Tamburro

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La Wagner: Africa terreno di conquista

Marco Tamburro

La Wagner: Africa terreno di conquista

Le attività in Africa e l’ascesa della Wagner di Prigozhin

Dal 2017, la Russia ha ampliato in modo aggressivo la sua presenza militare in Africa attraverso il Gruppo Wagner, un insieme di società di facciata e di gruppi di mercenari russi precedentemente di proprietà del defunto uomo d’affari Yevgeny Prigozhin. Anche nel Congo orientale, l’entusiasmo è palpabile per i “russi”, un termine generico per indicare i circa 1.000 mercenari dell’Europa dell’Est di stanza a Goma, e per il governo russo, che a marzo 2024 ha dichiarato di aver approvato un accordo provvisorio di cooperazione militare con Kinshasa.

Dal 2022, quest’area è colpita da uno dei conflitti più catastrofici del mondo. Con l’aiuto velato del Rwanda, la milizia dell’M23 ha violentato e massacrato la provincia del Nord Kivu e si è già avvicinata a più riprese alla capitale regionale Goma, come già accaduto diverse volte nello scorso decennio.

Mentre i Paesi occidentali sanzionavano Mosca dopo l’annessione della Crimea nel 2014, il Cremlino ha iniziato a spingere per firmare accordi di cooperazione militare con varie nazioni africane. Tra questi, un accordo militare del maggio 2019 con il Congo-Brazzaville/Repubblica del Congo, che ha visto la Russia inviare ‘’consiglieri’’ militari nel Paese e contribuire alla manutenzione delle sue attrezzature di fabbricazione sovietica. Il Cremlino ha affermato di aver siglato un accordo simile con il Congo DRC ad inizio 2024.

La posizione degli Stati Uniti

Gli Stati Uniti hanno designato il Gruppo Wagner come organizzazione criminale transnazionale nel gennaio 2023 e il Tesoro ha sanzionato persone e società collegate.

Negli ultimi cinque anni, le truppe di Wagner sono state individuate in Mali, Sudan, Repubblica Centrafricana, Libia e Mozambico e i suoi mercenari sono stati accusati di torture, stupri, rapimenti di bambini ed esecuzioni sommarie di civili oltre che contrabbando di oro e sfruttamento illegale di minerali, utilizzando il Camerun come hub logistico e di trasporto. Il gruppo si è anche impegnato in ingerenze elettorali (attraverso AFRIC, la falsa organizzazione di monitoraggio elettorale di Prigozhin) in Congo, Zimbabwe, Madagascar, Mozambico e Sudafrica.

A maggio 2023 si riteneva che la Wagner avesse sul campo circa 5.000 mercenari di stanza in Africa, molti dei quali ex soldati e detenuti russi. Il Gruppo Wagner e altre forze e “consiglieri” emergenti sostenuti dallo Stato russo sfruttano le risorse e le popolazioni dei Paesi africani per il loro tornaconto personale, visto che le risorse naturali diventano l’unico mezzo a disposizione degli Stati per pagare il costoso supporto militare della Wagner. 

‘’Sono una minaccia per la stabilità e la prosperità dei Paesi in cui sono presenti”, ha dichiarato un portavoce del Dipartimento di Stato americano in un comunicato.

E se la Russia può aver compiuto un’impressionante impresa di pubbliche relazioni anche in Congo DRC, convincendo i cittadini congolesi di essere un vero alleato, le azioni delle sue forze mercenarie in altre parti del continente raccontano una storia molto diversa. “Queste forze non riducono il terrorismo, ma piuttosto esacerbano la minaccia perseguendo tattiche draconiane e violente. Ciò si traduce in un drammatico aumento della violenza ciclica”, ha proseguito il Dipartimento di Stato.  

Da Wagner ad Africa Corps

Prigozhin e altri comandanti della Wagner sono morti nel quadro di un’esplosione che ha fatto precipitare il suo jet privato nell’agosto 2023, due mesi dopo aver lanciato un ammutinamento di breve durata che Putin ha definito un atto di tradimento. Wagner è stato sciolto alla fine del 2023 e i suoi combattenti sono stati trasferiti a unità sotto il controllo delle forze armate russe.

Ma il Gruppo Wagner continua a vivere in Africa e, secondo quanto riferito, è ora controllato direttamente dal Cremlino sotto il nuovo nome di Africa Corps.

A febbraio 2024, la BBC ha riferito che il generale Andrei Averyanov, capo di un’unità di intelligence militare russa specializzata in “omicidi mirati e destabilizzazione di governi stranieri”, ha assunto la guida di Africa Corps e sembra che stia ampliando gli accordi con Capi di Stato e giunte militari in Libia, Burkina Faso, Repubblica Centrafricana, Mali e Niger per contribuire a consolidare il controllo in cambio della cessione di diritti minerari alla Russia. Lo scorso giugno il Cremlino ha dichiarato che lo Stato russo non ha alcun ruolo negli interessi commerciali multimilionari di Wagner in Africa.

Marco Tamburro

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Nuova ondata di violenze in Mozambico: l’orrore non si ferma in Cabo Delgado, TOTAL rinvia approvvigionamenti e trivellazioni

Marco Tamburro

Nella seconda metà del 2023, si erano ridotti di molto gli attacchi del movimento terroristico di ispirazione islamica operativo nel Nord del Mozambico; molti distretti erano considerati sicuri dopo diverse analisi di sicurezza e sembrava che la TOTAL fosse finalmente pronta a riprendere la catena di approvvigionamento logistica per portare avanti il progetto di trivellazione del giacimento di gas di Afungi.

Invece, complice anche il progressivo ritiro del contingente delle forze sudafricane (Sud Africa, Zimbabwe, Botswana) SAMIM, da dicembre 2023, circa 112.000 persone sono state nuovamente costrette a fuggire da diversi distretti a causa dei nuovi attacchi. Inizialmente, gli attacchi si erano concentrati nei distretti ‘’storicamente difficili’’ per l’armata mozambicana, ossia quei distretti del nord est che non sono mai più stati totalmente sotto il controllo delle autorità mozambicane, come Quissanga, Macomia e Mocimboa da Praia, in particolare zone rurali.

Tuttavia, con la diminuzione degli effettivi SAMIM e le truppe rwandesi limitate al controllo della zona nell’estremo nord di Palma-Afungi, le forze mozambicane si sono ritrovate nuovamente a cercare di controllare una grande area fra Montepuez e Pemba.

Sembra ormai scontato che anche il non state armed group di ispirazione islamica abbia la sua rete di informatori, che non hanno tardato ad informare il gruppo dirigente operante fra Mozambico e Tanzania, che la diminuzione dei militari SAMIM e la fragilità delle truppe mozambicane potevano essere nuovamente sfruttati. Di conseguenza, gi attacchi si sono prima concentrati nelle zone dove le forze mozambicane non erano più molto supportate dalla SAMIM, con gli islamisti che hanno occupato diverse isole delle Quirimbas, intorno all’isola di Ibo.

Successivamente, a fine febbraio, un’ondata di attacchi si è concentrata nel distretto di Chiure, coinvolgendo anche le zone frontaliere fra le province di Cabo Delgado e Nampula. Nello spazio di cinque giorni a partire dallo scorso 24 febbraio, circa 65.000 persone sono fuggite in diverse direzioni dalla zona rurale del distretto di Chiure. La cosa, ancora più preoccupante, non sono stati solo gli attacchi in rapida successione nella zona di Chiure, ma anche una sostanziale assenza della risposta militare delle forze mozambicane.

In alcune zone, gli islamisti sono addirittura arrivati a prendere il controllo delle strade principali e chiedere una tassa per il passaggio dei trasporti pubblici senza usare la violenza contro la popolazione civile.

Questa sorta di riattivazione di gruppi numerosi (si stima 20-40 per attacco) sembra confermare le analisi del passato che puntano verso questo sistema di ‘’attivazione-riattivazione’’ dei combattenti che vengono informati, riforniti e guidati da un gruppo dirigente che ha la possibilità di richiamare questi individui che, probabilmente, alla fine delle ondate di attacchi, tornerà nei distretti di provenienza e riprenderà la vita da civile.

Marco Tamburro

Mozambico

Cabo Delgado Mozambico: dagli attacchi del 2017 alla crisi internazionale del 2020

Una crisi aperta che continua a essere volutamente sottovalutata

Marco Tamburro

Prima dell’ottobre 2017, la provincia settentrionale mozambicana di Cabo Delgado vantava la terza baia più grande del mondo che si trova nella capitale Pemba, che pullula di delfini, una vasta gamma di specie di pesci, coralli duri e molli. La sua lunga costa è caratterizzata da spiagge di sabbia bianca e da una moltitudine di isole che sono una destinazione perfetta per i turisti.

La scoperta di importanti riserve di gas nel bacino del Rovuma, al largo della costa di Cabo Delgado, di gas naturale liquido (GNL) – stimato come il quarto più grande del mondo – ha suscitato prospettive importanti per la popolazione. Tuttavia, i posti di lavoro promessi non si sono ancora materializzati ed un grande problema di redistribuzione della ricchezza permane tutt’oggi.

Nel frattempo, l’insurrezione ha interrotto diverse attività economica di sostentamento per la popolazione locale, oltre ai grandi progetti su GNL.

Gli investimenti GNL situati nella penisola di Afungi sono forse i contributi più significativi all’economia formale della regione, per un totale di 20 miliardi di dollari di investimenti in infrastrutture. Nel maggio 2021, la compagnia energetica francese Total ha dichiarato la forza maggiore sui suoi obblighi contrattuali per la lavorazione del GNL e ha sospeso le sue operazioni a causa della crescente insicurezza.

Questa drastica decisione è stata anche un significativo punto di pressione per il governo del Mozambico, e ha catalizzato un maggiore intervento militare nella regione. Poco dopo l’annuncio di TOTAL, il presidente Nyusi ha incontrato bilateralmente il presidente francese Macron a margine dell’Africa Financing Summit di maggio.

In ritardo, il governo ha cominciato a cercare il sostegno di altri paesi nella sua lotta contro l’insurrezione. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea, attraverso l’ex potenza coloniale Portogallo, sono intervenuti per aiutare ad addestrare i soldati mozambicani. Nel giugno 2021, la Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Meridionale (SADC) ha sancito il dispiegamento di una forza regionale per aiutare a reprimere l’insurrezione e ripristinare la stabilità nella regione colpita dal conflitto. Al momento il dispiegamento della SADC era ancora in corso. 

Ancor prima pero, le truppe ruandesi, che si trovano in Mozambico dal 9 luglio, sono guidate dal maggiore generale Innocent Kabandana. Innocent Kabandana è già stato negli Stati Uniti d’America (USA), in Canada, nella Repubblica Democratica del Congo e in Burundi. Dal 2020, ha comandato l’Accademia Militare del Ruanda.

Nel 2017 i primi attacchi furono qualificati come azioni criminali un po’ meglio organizzate rispetto agli sporadici furti o azioni violente che ogni tanto accadevano nell’estremo nord.

Con l’aumentare degli attacchi tra cui il primo davvero clamoroso a Mocimboa da Praia nell’ottobre 2017 accesero l’attenzione a livello internazionale sulla situazione a Cabo Delgado.

Secondo diverse analisi, l’insurrezione ha origini locali: i suoi membri sono principalmente cittadini mozambicani provenienti da Cabo Delgado – anche se ci sono segnalazioni aneddotiche di cittadini stranieri dalla vicina Tanzania. Gli autori sono per lo più civili. Ci sono prove anche sul reclutamento di bambini attraverso rapimenti durante gli attacchi.  Gli insorti hanno anche rapito donne e giovani ragazze, che sono poi costrette a vivere con loro come mogli o concubine. La maggior parte dei crimini perpetrati dagli insorti sono raccapriccianti, comprese le decapitazioni.

Interi villaggi sono diventati città fantasma. Mocímboa da Praia, è stata fino a poco tempo fa disabitata per quasi due anni da quando gli attacchi degli insorti nel 2019 hanno cacciato la popolazione locale. Le forze governative sono state in grado di riprendere la città solo all’inizio di agosto 2021 con l’aiuto delle forze ruandesi. La maggior parte delle persone che sono fuggite da Mocímboa da Praia e dalle città che sono state invase dagli insorti hanno cercato rifugio a Pemba, Montepuez, Mueda e altre città, con solo i vestiti sulle spalle e quel poco che riescono a portare nel loro viaggio in barca, veicolo e a piedi.

Mentre le violenze perpetrate dall’Al Shabaab mozambicana superano quelle di altri attori in quantità e gravità, è importante far luce anche sugli abusi perpetrati da altri attori. Un rapporto di Amnesty International pubblicato nel marzo 2021 ha articolato la brutalità sperimentata dai civili per mano di compagnie militari private come la Dyck Advisory Group (DAG) e le forze governative mozambicane. 

Questa ondata di insurrezione ha provocato un esodo di civili dalle regioni colpite dal conflitto. Ci sono ora circa 800.000 sfollati interni (IDP) e questo ha messo alla prova l’abilità e la capacità del governo di fornire assistenza umanitaria ai civili che fuggono dalle aree sotto attacco.  L’insurrezione ha anche spinto la gente a lasciare Cabo Delgado nelle province vicine. Le province di Niassa, Nampula e Zambezia sono particolarmente colpite; ovviamente, il supporto delle Nazioni Unite e delle ONG non manca, anche se, a livello di disponibilità di fondi, altre crisi più note e anche le necessità di risposta al covid-19 nei Paesi ‘’donatori’’, porta ancora oggi ad una grande mancanza di fondi.

La guerra a Cabo Delgado è ormai al quarto anno. La sofferenza umana è stata incalcolabile e la comunità internazionale è stata ripetutamente scioccata da rapporti di estrema brutalità.

La condizione dei civili coinvolti nella violenza a Cabo Delgado è l’obiettivo e l’interesse centrale di questo rapporto. Dall’inizio degli attacchi nella città distretto di Mocímboa da Praia il 5 ottobre 2017, circa 2800 persone sono morte e quasi 800 000 sono state sfollate dalle loro case, città e villaggi.

Nonostante le operazioni militari siano ad oggi in corso, sembra che l’obiettivo principale sia, innanzitutto, riportare la TOTAL a riaprire il progetto per lo sfruttamento del NL, piuttosto che proteggere i civili da ulteriori attacchi.

Nel 2021, anche con l’attenuazione degli effetti del covid-19 sulle agende politiche degli stati occidentali oltre che sulle casse statali, si spera che la comunità internazionale faccia fronte comune su una risoluzione pacifica del conflitto e su una maggior richiesto al Mozambico rispetto ad investimenti per la popolazione locale e maggior rispetto dei diritti fondamentali.

Marco Tamburro 

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Cabo Delgado, Mozambico: Instabilità e ricchezza

Uno spaccato di globalizzazione

Marco Tamburro

In Mozambico un gruppo estremista si macchia, gia dal 2017, di atroci delitti, decapitazioni e furti contro la popolazione locale, mentre, a pochi chilometri, uno dei giacimenti piu preziosi di gas del Mondo viene minacciato da questo fenomeno che nessuno sembra poter arrestare

Gli elementi per una nuova crisi internazionale ci sono tutti: Democrazie fragili che non riescono a trovare un’intesa sul da farsi (la SADC[1]), un giacimento di gas che potrebbe far balzare il Mozambico fra i primi tre esportatori di gas al Mondo da qui al 2025, un’agenda politica ancora alle prese con le conseguenze del covid-19 e un’emergenza umanitaria che ha gia’ portato piu di settecento mila persona ad una delocalizzazione forzata verso aree piu sicure nel nord del Mozambico.

Il Mozambico si ritrova di fronte una nuova potenziale catastrofe umanitaria dopo esser stato colpito da due cicloni devastanti (IDAI e Kenneth) nel Marzo-Aprile 2019: dal 2014 in poi le potenzialita del gas nel nord del Mozambico avevano fatto espoldere un entusiasmo incredibile e avevano fatto sperare il partito di maggioranza storico (FRELIMO) di poter essere un esempio di Paese africano che sarebbe potuto usicre da una situazione di poverta cronica; nel mentre, la TOTAL, colosso francese, si affermava come leader per lo sfruttamento del giacimento costiero e, piu a sud, l’ENI definiva il suo ruolo di capofila insieme ad EXXON per lo sfruttamento di un secondo giacimento in mare aperto. Il paradosso ha voulto che proprio decenni di disinteresse nei confronti di questa provincia mozambicana, Cabo Delgado, abbia portato ad una facile penetrazione, probabilmente di ispirazione islamista, che si e’ combinata con una rabbia sociale e una poverta di opportunita per i giovani: cio ha portato gli auto proclamati Shabaab (senza nessun legame apparente con Al-Shabaab somalo) a perpetrare massacri e sabotaggi a danno della poplazione locale e della polizia, fino a portare all’interruzione del progetto di sfruttametno del gas da parte di TOTAL, che non valuta il contesto sicuro, almeno finche il governo non portera avanti azioni concrete per riportare la sicurezza nel nord ad un livello accettabile.

L’attacco del 25 Marzo nella citta di Palma ha fatto luce su tutte le fragilita delle forze armate mozambicane che non riescono a conseguire risultati soddisfacenti contro un movimento che cresce in mezzi e uomini; avendo accesso ad alcuni giacimenti illegali e commerciando in armi, droghe e essere umani, Shabaab riesce sempre di piu ad avere un potere economico in grado di sostenere i suoi militanti locali, oltre a pubblicizzare un non ben chiaro legame con l’ISIS a cui ha ufficialmente dichiarato l’affilizaizone nel 2018.

Ovviamente diversi Stati occidentali seguono da vicino la situazione, ma i fondi per l’emergenza umanitaria, eventuali summit internazionali ed altri sostegni non sono ancora all’ordine del giorno; gli stati occidentali sono ancora, evidentemente, troppo impegnati a risolvere ‘’l’effetto covid’’, e probabilmente delle vere azioni concrete si vedranno solo verso la fine di quest’anno.


[1] La Comunità per lo sviluppo dell’Africa meridionale (SADC) è una comunità economica regionale che comprende 16 Stati membri: Angola, Botswana, Comore, Repubblica Democratica del Congo, Eswatini, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mauritius, Mozambico, Namibia, Seychelles, Sudafrica, Tanzania, Zambia e Zimbabwe.